Una mattina qualunque
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Giovanni Gazzanni
2022
La storia è quella di due uomini che condividono la stessa casa; Michele, il giovane, aiuta Antonio, l’anziano, nella vita di tutti i giorni. Sono due persone molto diverse, che spesso trovano punti di incontro nella loro solitudine e nei loro problemi.
Il libro inizia con dei fogli scritti da Carolina, la donna che Michele ha amato e poi abbandonato per problemi mentali. Si tratta di pensieri che il ragazzo legge e rilegge "...Aiutandomi con una sedia provai a sedermi sulla ringhiera... ero al quarto piano del mio palazzo... a farmi compagnia c'erano il vento e il giardino sotto di me... avrei voluto ali per volare via...". Michele interrompe spesso la lettura perché il dolore che prova diventa sempre più ingestibile, come i sensi di colpa.
Antonio, 85 anni, quando il mattino si sveglia cerca sempre la moglie, Margherita, che è morta da tempo. Per lui ricordare diventa sempre più complicato; per questo trascorre molto del suo tempo in una poltrona dove si appisola, aspettando il ritorno della moglie. Intanto sta arrivando il Natale, che riporta alla mente i ricordi delle persone morte, e i cenoni spensierati.
Michele ricorda spesso Carolina che piange e lui non sa cosa fare "...Lei lo guarda come se si aspettasse una soluzione... lui cerca in lei la stessa cosa... sono stanca... non lo faccio apposta a stare così... non ce la faccio più...".
La convivenza di Antonio e Michele va avanti tra problemi quotidiani, dialoghi, silenzi e le battute di Antonio "...Non mi ricordo di te... sono Michele, ti assisto... io non ho bisogno di assistenza, sono autosufficiente...".
I due uomini sono distanti per tutta una serie di cose. Età, scelte, sogni, ambizioni, bisogni, volontà. Da tutto questo nascono malintesi e scontri che finiscono quasi sempre in un sorriso. Quello strano ottantenne "...Passa da una dimenticanza all’altra, da uno stato d’animo all’altro, ma trova comunque il modo di prendere in giro Michele, che però lo asseconda...".
Non era questa la vita che il ragazzo desiderava. E allora pensa spesso a Carolina, alla sua gioia di vivere, anche se insieme arrivano i ricordi che fanno male. Lui, da fidanzato felice, si era ritrovato a combattere un nemico senza forma. Si ripeteva che in due sarebbe stato più facile lottare, ma aveva anche capito di essere solo e impotente.
Le giornate di Antonio sono scandite da piccole manie, qualche scontro; mentre quelle di Michele ripropongono i ricordi di Carolina e i sensi di colpa per le scelte fatte "...La fuga non è mancanza di coraggio. A volte è istinto di sopravvivenza... lui non può fare altro che vederla regredire...". Si era innamorato di una donna e immaginava un futuro insieme "...La cercava nel fondo dei suoi occhi per provare a ritrovarla...".
Spesso Antonio ascolta la Messa alla radio e qualche lacrima viene giù da sola, "...Non sono io che piango... è questa maledetta vecchiaia. Poi le riflessioni su Dio... quando ero giovane... non avevo tempo. Ora ho tempo, ma non ho tanta testa. Se Dio esiste o no, non importa... tanto tra poco lo scoprirò. E, rivolgendosi a Michele... ragazzo, ma Margherita quando torna?..." Ci sono momenti in cui Michele si sente vicino a quel vecchio.
Il rito del caffè è un momento di serenità per entrambi, che lo bevono insieme "...Unica sovrana della testa dei due uomini è una confusione che ha due diverse motivazioni...".
La lettura dei giornali, i discorsi per mantenere in forma la mente di Antonio "...Il problema dei giovani è che si illudono di tener tutto sotto controllo. Il bello di quando sei vecchio è che non ti interessa avere più nulla sotto controllo...".
Michele e Antonio, pur trascorrendo tanto tempo insieme, vivono ognuno a modo proprio. Michele si sente in colpa con Carlotta "...Non è facile stare vicino a chi sta male... non aveva freddo fuori, il suo freddo era dentro...".
Le riflessioni di Antonio "...Tu ti prendi cura di me... e che ti aspetti, miglioramenti?... sono vecchio... vado avanti tra dolori e rincoglionimenti...". A volte tra i due uno vuole parlare, l’altro cerca il silenzio, ma è sempre la malinconia a fare da sfondo a entrambi.
Michele pensa ad una delle ultime visite mediche, quando Antonio ascolta per caso le parole del medico "...Demenza senile ...una situazione spietata e logorante che ha un unico colpevole: l’anziano... è un’etichetta, che la gente appiccica a chi si comporta in modo un po' stravagante... la mania del mondo moderno è vedere, capire, analizzare… Ero un uomo forte…poi le debolezze hanno preso il sopravvento... tutto è successo di colpo... la gioventù è come una ventata, te ne accorgi solo quando è passata...".
Antonio non ha bisogno del dialogo, ma ha bisogno di essere ascoltato. È per questo che Michele spesso si siede vicino a lui e lo ascolta; allora Antonio sorride. L’anziano debole e il giovane forte; le parole dette e i lunghi silenzi. Il sarcasmo di Antonio "...Il nostro è un preoccuparsi reciproco... ma Margherita quando torna?...".
L’anziano non percepisce più il tempo come dovrebbe, ma per lui non è un problema in quanto le giornate sono scandite da tanti piccoli appuntamenti: il caffè, il pranzo, la cena, il rientro della moglie, i pisolini. A volte Antonio guarda dalla finestra il mondo che scorre frenetico, al quale lui appartiene sempre meno "...Passavo le giornate a correre, a darmi da fare... adesso nella mia vita è tutto fermo...". Spesso le parole gli sfuggono, ma si domanda sempre se deve confidarsi o meno con quel ragazzo.
Le bollette dimenticate e la giustificazione "...Per pagare e morire c’è sempre tempo...". Michele e Antonio stanno bene insieme; ridono spesso "...Noi vecchi abbiamo voglia di raccontare... spesso ripetiamo le stesse cose... voi vi scocciate, e così si arriva all’indifferenza, e non ti senti capito... i vecchi non sono uccisi dal tempo o dalle malattie, ma dall’indifferenza...".
Antonio ricorda continuamente la moglie "...Mi ha sempre amato così come sono e abbiamo parlato tanto... le portavo sempre una rosa... e lei era felice... poi è nato nostro figlio, Michele, e tutto era perfetto. Finalmente Antonio riconosce suo figlio. Il ragazzo è felice... eravate una bella coppia, papà... Michè, ma tu che ci fai qua?... mi prendo cura di te...". Antonio si ricorda anche di Carolina e allora Michele piange, perché davanti a suo padre si sente libero di soffrire e di ammettere "...Sono scappato... non sono più andato a trovarla con la scusa che dovevo prendermi cura di te...".
Il padre guarda il figlio che piange "...Vorrebbe trovare una frase ...vorrebbe tornare ad essere il padre forte... spera di trovare le parole giuste... per essere uomini bisogna avere il coraggio di riconoscere le verità, anche quando fa male... Margherita non c’è più, vero?...". La risposta fa male ad entrambi.
Antonio rivela al figlio che dorme spesso perché nei sogni incontra la moglie "...Sai forse non soffro di demenza senile, forse sono solo malato di nostalgia... vivere a volte significa anche non spegnersi...".
Michele guarda suo padre e riconosce quegli occhi "...Sempre pronti ad incoraggiarlo... e che nelle difficoltà diventavano un porto sicuro...". È allora che trova il coraggio di rileggere gli ultimi fogli scritti da Carolina. "...Tu sei l’unico che ha il coraggio di affrontare la tempesta... sei l’unico che si è messo a navigare con me... ti amo...".
Antonio sussurra al figlio "...Torna da lei...". E intanto sogna di ballare con Margherita "...Sono orgoglioso di nostro figlio... affronta la vita e ha paura... sono sempre più stanco... faccio fatica a ricordare quello che ho sognato... parliamo piano, così non corriamo il rischio di svegliarci. Riprendono a ballare... non si è vecchi nei sogni, non si sente la stanchezza... si stingono e ballano... forse per l’eternità...".