Un tempo piccolo
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Serenella Antoniazzi
2020
È un libro bianco di piccole dimensioni, con la foto di una famiglia felice (padre, madre, due figli piccoli) sulla copertina. I caratteri chiari rendono facile la lettura, ma l’argomento riguarda una malattia che fa ancora paura, Alzheimer. In genere associamo la demenza alla vecchiaia, ma in questo caso il malato è un uomo che ha appena compiuto 40 anni e il suo cervello "...È come una spiaggia battuta dalla marea. Tutto ciò che vi viene scritto, l’onda successiva lo cancella...".
Il libro inizia con la prefazione della direttrice della rivista Donna Moderna, Annalisa Monfreda, che ricorda la favola della principessa persiana Sherazade (Le mille e una notte), che si salva la vita raccontando ogni sera al marito una storia diversa. Ma, mentre Sherazade vive circa 1000 anni fa, le vicende di questo libro sono narrate da Michela (47 anni), moglie di Paolo (48 anni), che ogni giorno affronta una malattia devastante: l’Alzheimer presenile. È così che Michela, come Sherazade, inizia a raccontare "...Non per consolarsi, immaginare, ma capire... Ogni giorno lei racconta la malattia e lui cancella...". Come Sherazade cerca di salvare se stessa, ma vuole anche "...Tenere vivo quel cervello che si sta spegnendo...". Annalisa Monfreda termina il suo intervento sottolineando che solo raccontando le battaglie quotidiane, le delusioni, le speranze, la disperazione di questa famiglia, il libro "...Riesce a farci sentire l’urgenza di fare ricerca in questo campo...".
Alla prefazione segue la Premessa della scrittrice, Serenella Antoniazzi, che spiega il perché della sua scelta, fatta "...Per non lasciarli soli nella lotta contro questa malattia...".
La voce narrante è quella di Michela; suoi sono i pensieri, i timori, i desideri e soprattutto il coraggio e la speranza che Paolo non perda la memoria della loro esistenza.
L’intervento della Dott.ssa Annachiara Cagnin (Neurologo presso L’Ospedale Universitario di Padova) evidenzia invece come i primi sintomi della malattia siano stati sottovalutati proprio per la giovane età del protagonista. Poi, dopo la diagnosi, descrive Michela come una moglie "...Sempre presente, che sostiene, rincuora, anche se fragile e impaurita, e termina affermando che... questa è la storia di una famiglia normale, con un uomo dal sorriso dolce e gli occhi tristi... di una donna che usa modi diretti per arginare il dolore e di due figli che vanno incontro alla vita. Una famiglia normale in quella anomalia che è la malattia di Alzheimer giovanile...".
È a questo punto che Michela inizia a raccontare "...Questo diario sarà un tempo piccolo che non trascorrerà mai via da noi... so che arriverà presto il momento in cui ti dimenticherai chi sono, chi siamo noi due e chi sono i nostri figli... mai più a nessuno, a nessuna famiglia dovrebbe accadere quello che sta accadendo a noi... non pretendiamo una cura, ma altre pagine di vita insieme...".
La narrazione è stata divisa in avvenimenti scanditi da titoli che chiariscono gli argomenti affrontati.
NOI
Siamo a novembre. Michela accompagna il marito a una visita. Arriva dopo 200 chilometri con 4 ore di anticipo perché ha sbagliato l’orario, quindi tiene occupato Paolo con il ricordo del padre "...Un uomo forte e sano ma, mentre il corpo resisteva, la mente si sgretolava... ti ascoltavo e mi chiedevo se stessi parlando di tuo padre o di te...".
IO PRIMA DI TE
Michela racconta la sua infanzia con i problemi ai piedi, i dolori alla schiena, i numerosi interventi. Poi la scuola e il bullismo "...Anni in cui la mia corazza ha cominciato ad inspessirsi e a cucirsi addosso a me come una seconda pelle...". La sorella invece, bella, solare, atletica, orgoglio del padre. La madre, presente e buona "...Il suo angelo... lei, ieri come oggi, è la mia forza...". Infine gli studi. "...Non amavo studiare ma mi sono diplomata...". Infine Il lavoro come addetta alle pulizie in un Centro Commerciale.
QUANDO ABBIAMO COMINCIATO AD ESSERE NOI
Rispondendo ad una domanda del marito Michela parla del suo primo incontro con Paolo, allegro, sorridente, chiacchierone, affascinante; i capelli neri legati in una coda, gli occhi furbi e un sorriso malandrino "...A volte la mia mente modifica e migliora un passato che mi sembra lontano anni luce... e mi sembra che io tenda a rimuovere ciò che di doloroso c'è stato nella mia vita con te... mi porta a tratteggiare una verità più dolce, che mi aiuti ad accettare ciò che sono oggi per te... mi domando cosa trovassi in me...".
FELICI E LONTANI
Sempre cercando di ricordare la loro vita Michela cerca altre risposte alle domande del marito "...Chi siamo noi, come siamo io e te... sono più di vent’anni che noi siamo noi, le nostre fatiche, i momenti di gioia i nostri bambini... questa malattia che è sparire pur restando vivo... un passato che già vacilla nella tua mente e, giorno dopo giorno, si cancella sempre di più...".
La descrizione della prima casa, le bugie del marito sulle notti in discoteca (il secondo lavoro). "...Paolo che con un sorriso ti comprava... ti prendeva per mano... qualche volta alzavi il gomito e quel goccetto di più ti rendeva aggressivo... poi le dimenticanze, la confusione, gli errori di calcolo, che ti hanno fatto degradare nel lavoro. Infine l’idea di lasciarti, ma... non avrei mai potuto farlo. La nostra vita è segnata da una linea di divisione profonda: prima e dopo la malattia...".
Così la parte NOI E L’ALZHEIMER PRECOCE comincia con, LA DIAGNOSI, dove Michela racconta "...Stavi peggiorando... non ricordavi gli appuntamenti presi... incolpavi gli altri... avevi problemi sul lavoro e ti giustificavi inventando storie inverosimili... poi i miei sospetti si fecero sempre più fondati... mi dicesti che ero pazza. Credo che la paura di scoprire che le tue dimenticanze fossero l’annuncio di una malattia simile a quelle di tuo padre ti spaventassero... poi ti sei perso vicino casa... la visita dal medico... tu mi hai esclusa... avrei preso volentieri i bambini e me ne sarei andata... avevi 43 anni... stava per iniziare il nostro calvario. La diagnosi arriva dopo due anni di visite e ricerche: era Alzheimer (2016)... la nostra vita si è trasformata in una corsa ad ostacoli: ricoveri in diverse strutture, partecipazione a studi farmacologici... non dovrei invidiare i malati di Alzheimer anziani che hanno potuto costruire le proprie famiglie... ero convinta che, considerata la tua età i medici facessero a gara per curati, studiarti... la mia consapevolezza della malattia è arrivata per gradi... con la diagnosi le mie preoccupazioni avevano un nome... ho cercato di credere che in qualche modo ne saremmo usciti. Il Paolo di oggi è l'uomo che avrei voluto al mio fianco fin da subito, l'uomo di cui mi sono innamorata e che credevo fosse perfetto. Un tempo ti ho pregato di venirmi incontro... oggi parli di felicità, sostegno... oggi che non abbiamo né un presente, né un futuro...".
CONVIVERCI E FARSI AIUTARE
Michela pensa ai lati negativi del rapporto con Paolo "...Il tuo comportamento era motivo di scontro... ti amavo talmente che accettavo le punizioni dei tuoi lunghi silenzi... quando si ama si accetta e si perdona tutto... ti avrei sposato lo stesso sapendo che ti saresti ammalato?... la tua malattia era legata a quella di tuo padre?... oggi so cosa significa sentirsi soli...".
Poi inaspettato arriva l’aiuto su Facebook da persone sconosciute che insegnano come prendere coscienza della malattia serve a conviverci meglio.
"...A volte la rabbia mi divora perché non ci sarà un lieto fine... la tua malattia trascina nella dimenticanza anche la mia memoria... per te non ci sono cure miracolose, ma la possibilità di rallentare la sua forza... non serve a nulla urlare, imprecare, pregare, perché qualcuno ci aiuti...".
Ma la disperazione ti carica di coraggio che non hai e bussi a tutte le porte, anche a quella del Governatore della Regione Veneto, Luca Zaia, impressionato più dall’età che dalla malattia, che organizza solo per Paolo un progetto per rallentare il decadimento. Non dobbiamo mai dimenticare che l’Alzheimer non porta via solo i ricordi, ma anche la capacità di camminare, mangiare, lavarsi, respirare "...La carezza sulla mia mano e le scuse per avermi trascinato in questa vita... grazie perché ti prendi cura di me e mi sei accanto anche se non sempre io sono stato accanto a te...".
LA NUOVA CASA
Racconta dell’aiuto dei genitori di Michela "...Tu eri malato e io dovevo lavorare... non c'era nessuna certezza per il futuro... i miei genitori ci regalano una nuova casa accanto alla loro, per tenerti con noi il più a lungo possibile...".
I NOSTRI GIORNI
Continuano con le riflessioni di Michela "...Cosa è l’amore? Non ho ancora trovato una risposta... a volte riesco a ricordare solo le cose brutte del nostro passato... da quando sei malato cerchi di renderti utile in tutti i modi... cosa posso perdonarti del passato? Tutto, niente... devo non pensarci e andare avanti. Se continuo a pensare a quello che non ho avuto, non riuscirò a godere di quel niente che ho oggi...".
Così Michela organizza le giornate per tenere attivo il marito (gioca a basket). Non esistono infatti attività mirate per la demenza giovanile, che ha però bisogno di dinamismi fisici e mentali più che di farmaci. "...Intanto leggo, mi documento... Le RSA (le case di cura)... tu potresti essere il nipote di uno di questi malati... questa rabbia mi distruggerà l'anima...".
CAREGIVER, NOI
"...Ho sempre affrontato la sofferenza fin da piccola... ero certa che prima o poi tutto sarebbe passato. Diversa è la mia paura oggi. Mio marito è destinato a spegnersi giorno dopo giorno... Se potessi scambierei la sua malattia con il cancro... è terribile, lo so... Paolo invece le dice... credi che io non senta quando soffochi il pianto tra i cuscini?... io non ricordo i nomi ma so cosa significa sofferenza... e il dolore che provo nel vederti consumare è lacerante...". Intanto Michela ha iniziato ad andare da una dottoressa per diminuire lo stress causato dagli impegni ma anche dagli scontri con l’indifferenza e l’incompetenza politica, sociale e burocratica e Paolo la rassicura "...Usa i miei pensieri confusi, le mie frasi sconnesse e falle conoscere al mondo. Se non bastano urla perché io ti dono anche la mia voce... per me caregiver non significa badante, ma significa Michela, il mio Angelo Custode...".
BARLUME DI TE
Paolo è stato coinvolto in un progetto presso un'azienda agricola; vengono a prenderlo e lo riportano, mentre Michela spesso guarda le foto di anni fa e vorrebbe tornare indietro per "...Fermare quelle immagini fatte di sorrisi e speranze...".
INCHIOSTRO SIMPATICO
Sono trascorsi anni dalla diagnosi. Paolo è "...Imprigionato in un corpo giovane e forte... ripeto ad Andrea e Mattia di imparare dal bene che si fa e ancora di più dal bene che si riceve... non ricordo le parole delle preghiere, ma chiedo aiuto al Signore per voi, perché per me non c’è più nulla da fare... fa che la nostra storia, di dolore, ma anche di coraggio, diventi un simbolo di battaglia e perseveranza...".
IL FUTURO
"...La speranza di vedere i figli uniti... hanno capito l’importanza di vivere nella serenità, anche se la nostra vita non è così... ed aiutare chi ha bisogno, come fanno con me quando mi prendono per mano perché non mi ricordo da che parte andare...".
Questo Paolo è lo stesso che arrivava allo scontro pur di non chiedere scusa e oggi dice "...Non sacrificare ne tè né loro... mi dovrai ricoverare in una struttura perché io ho già vissuto cosa fa questa malattia e il dramma familiare che segue... non posso tornare indietro, né andare avanti perché il tempo per rimediare non esiste... non vedervi ogni giorno vi farebbe sparire dalla mia mente e se ne andrebbe anche la sofferenza...".
USCIRE ALLO SCOPERTO
Viene ribadita ancora una volta la necessità di far conoscere a tutti il disagio e la solitudine delle famiglie con malati di Alzheimer ma viene anche sottolineata la mancanza di strutture per malati giovani, perché, ricorda Michela "...Nonostante tutto ci sei... come puoi... come ti riesce... come ricordi e io ne ho bisogno perché ho paura di restare sola e di dover vivere senza di te...".
PANDEMIA
Covid19. Tutti a casa; gente con le mascherine; le strade deserte e Paolo riflette "...I miei punti di riferimento sono come le colonne di una casa: se una vacilla tutto trema e cade I miei figli stanno sempre con me... vi ricorderete che nella vita succedono tante cose belle, ma qualche volta tutto cambia... è in quei momenti che bisogna restare uniti... l’Alzheimer è un tarlo che lavora giorno e notte e mangia pensieri, parole, memoria, volontà. Un millepiedi che cammina dentro la testa e non si fa sentire fino a quando non ha scavato voragini irrecuperabili. Io non ho speranza ma vorrei che oggi venisse colta l’occasione di riflettere su quanti soldi vengono usati per pagare campioni e gestire mondi lontani dalla comune realtà. Vorrei che i governi si rendessero conto che la cura delle malattie è il più importante degli investimenti. Non mi ricordo cosa ho fatto un momento fa... quanti anni ho... ma mi ricordo un abbraccio, una carezza, l’amore che mi aiuta a combattere questa battaglia persa... non smettete mai di volervi bene e di lottare per ciò che è giusto…Vi amo più della mia vita. Paolo...".
Seguono una poesia e un disegno di Mattia al padre…Non sono più solo tuo figlio, ma sono diventato il tuo appiglio, il tuo porto sicuro nell’oscuro tuo futuro. 28 febbraio 2020 Concludono il libro i ringraziamenti di Michela per le molte persone che l’hanno aiutata, una nota dall’autrice per non dimenticare che siamo tutti sotto lo stesso cielo e nessuno deve restare isolato dagli altri.
Le postfazioni, scritte dall’Avv. Diego Bolognini, dalla dott.ssa Amalia Cecilia Bruni e dal dott. Carlo Gabelli, concludono questo "piccolo libro" che ha affrontato problemi grandi e complessi con forza, determinazione, ma anche con delicatezza, sentimenti, cuore.