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Non ricordo mia madre

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Non ricordo mia madre

Clara Sarotto

2020

"...Questo libro vuole essere un viaggio all’interno di questa malattia, il viaggio di un figlio che vede la propria madre trasformarsi lentamente in una sconosciuta, un figlio che si rende conto di come l’Alzheimer non colpisca solo l’ammalato, ma anche chi gli vive accanto... quindi vuole essere un supporto per chi si sente solo... di fronte ad un mostro senza volto...".


Con queste parole, scritte sulla copertina, l’autrice spiega la motivazione del libro, che può essere d’aiuto a chi si trova nella stessa situazione. Il testo è diviso in sedici capitoli dove si alternano ricordi e vita del passato ad esperienze e problemi del presente; il testo si legge piacevolmente dato che l’autrice usa un linguaggio chiaro e comprensibile, ma anche molto personale e coinvolgente.


La protagonista, Clara, inizia il racconto descrivendosi da bambina. Coccolata da un papà e una mamma che la adorano, vive in un piccolo centro agricolo piemontese. Unico cruccio era l’età della sua mamma che l’aveva avuta a 40 anni, mentre le altre mamme avevano la metà degli anni. "...Spesso mi domandavano se era mia nonna con i suoi capelli brizzolati. Eppure con lei mi divertivo tanto perché era vivace, disponibile...". Era infatti una mamma speciale perché sapeva fare tante cose. Lavorava in un laboratorio dell’Ospedale Le Molinette a Torino; ma era anche una mamma - meccanico, che sapeva tenere sempre efficiente la sua 500; per non parlare della mamma-sarta, che cuciva vestiti per tutti. "...Papà lavorava alla Fiat. Andavamo a prenderlo al lavoro. Tornavamo a casa tutti insieme. Per i miei genitori ero tutto. Ho ricevuto, amore, spazio, attenzioni. Ascoltavo le storie delle loro vite, mamma che mi parlava dei primi tram, motorette, e papà della campagna dove era nato che profumava di mucche, fieno, vino. Erano le mie favole preferite, come quelle del nonno che mi raccontava della guerra in Libia. Era nato nel 1890. L’età della mia famiglia era per me un enorme problema...".


Un capitolo Clara lo dedica a descrive la sua famiglia attuale; il marito Paolo, un uomo solido di cui è profondamente innamorata, i due figli, Marco ed Andrea, di 13 e 9 anni; la mamma, malata e suo fratello, che abita con loro dopo la morte del papà di Clara. "...Erano anni che soffriva per il decadimento fisico che non gli permetteva di fare più tutto ciò che per lui era la normalità... per lui era una sconfitta vedersi vecchio... non accettava la debolezza, la stanchezza... si sentiva inutile, perso...". Poi il ricovero in ospedale, dove Clara lo assiste fino a quando muore.


Nel frattempo la malattia della mamma peggiora: "...Non riesco a capacitarmi di come mamma sia potuta cambiare così nell’arco di poco tempo, di come la sua memoria stia diventando sempre più annebbiata... non riesco a rassegnarmi del fatto che non ricordi la morte di papà... oggi la mia super mamma è una nonnina piccola e fragile che cammina appoggiandosi ad un girello... è diventata l’ombra della donna che era...".


Seguono ricordi dei giorni felici in cui la famiglia trascorreva le serate insieme, in un’atmosfera serena. Mentre oggi "...La sera è diventata uno dei momenti più duri della giornata... la mamma inizia ad avere le allucinazioni, e diventa sempre più ingestibile... mi sento malissimo, non ho la più pallida idea di cosa sia meglio fare, di come reagire...".


Il ritorno serale a casa, dopo i problemi giornalieri "...Ormai siamo a casa e devo sorridere...", la scuola dei ragazzi, il marito Paolo che la sostiene "...Ma nonna sta tanto male?... no, sta tranquillo... è solo la malattia che va avanti...".


I due figli tanto diversi tra loro, Marco e Andrea. Sono sempre vissuti con i nonni a casa. La nonna, il nonno e lo zio sono sempre stati al piano di sopra. "...Con la morte di mio padre mamma e zio vivono con noi... anche se spesso la mamma non ricorda... ma come, vivo qui sotto? Ma sopra c’è mio marito. Non posso mica lasciarlo solo! Ormai conosco a memoria domande e risposte. Ogni sera un film che si ripete. Sempre la stessa pellicola. Papà si era lasciato andare quando non poteva più fare tutti i lavori che faceva un tempo Per lui era una sconfitta vedersi vecchio. Era triste, si sentiva inutile, perso. L’ambulanza, la fine a 87 anni... mentre gli tenevo la mano...".


Le serate piene di problemi e pensieri "...La sera è diventata uno dei momenti più difficili della giornata... i farmaci da prendere sono un'infinità... mamma si sente prigioniera in quella poltrona così comoda, ma così ingombrante per una donna che è sempre stata libera... che ha sempre corso e lavorato, che si è sempre presa cura di tutti... come sono diventate piccine le sue mani... erano mani grandi le sue, belle ma con i calli perché lavorava a casa e nell’orto... ma quando mi accarezzava, quei calli non li sentivo proprio. Sentivo solo la tenerezza e l’amore della mia meravigliosa mamma. La malattia l’ha trasformata in una creatura fragile e insicura...".


I ricordi delle vacanze serene trascorse tutti insieme; Clara, Paolo, i due figli, mamma, papà e zio, che ha sempre fatto parte della famiglia; ed è stato come un secondo papà. Ora invece "...La mia vita è completamente cambiata. Ho lasciato il lavoro definitivamente e vivo per loro, per i miei figli, per mio marito...".


La visita dal neurologo. "...L'unico lato positivo di una visita medica è il poter restare seduta per un po' senza dovermi preoccupare di risolvere qualche emergenza. Mi ricordo di non aver mai visto mamma aver paura per la sua salute. Era una roccia...". Diceva "...Bisogna accettare la vita come viene... ma la sua accettazione non è mai stata vissuta come una resa. Lei ha sempre combattuto come un leone per venire fuori da tutto...". Diceva sempre "...Devi imparare che la vita non va sempre come vuoi tu, altrimenti vivi male...".


La domanda di Clara al medico "...Dottore mia mamma ha l’Alzheimer?... non possiamo dare un nome esatto. Demenza, Alzheimer... non ci sono cure per aiutarla?... no, purtroppo no... mi sento morire... proprio lei che aveva il terrore di perdere la testa... Mi viene da piangere, ma stringo le lacrime nel cuore... ora sono io la sua mamma... vivere la malattia di una persona che ami non è semplice. Fa male, fa sentire impotenti e inutili...".


A volte Clara ricorda le sue passioni; per la pittura e per la musica "...Suonavo il pianoforte...". E insieme affronta i problemi del figlio Marco, che a scuola viene discriminato per il carattere introverso "...Non deve vedermi piangere... deve vedere in me la sua roccia…la mamma che combatterà sempre come un leone per lui e per i suoi diritti. Lui e Andrea, mai come oggi sono la mia forza...".


In molte circostanze Clara capisce che la sua vita sociale non esiste più. "...Le persone ti guardano con compassione… e quando se ne vanno scuotono il capo e non tornano più; un po' perché non sanno come comportarsi... un po' perché non riconoscono più neppure te... quindi non riescono a comprendere il tuo dolore e la tua disperazione...".


Nel frattempo Il cuore di Clara peggiora "...Mi sembra di impazzire... vivo in un universo parallelo... in cui la realtà a cui ero abituata è scomparsa... e tutto ciò che mi circonda è diventato diverso, sconosciuto... mi chiedo dove sia finita la mia vita... sono passata dall’avere i miei genitori accanto, ad essere orfana di entrambi, nonostante lei sia ancora con me. Mi sento persa e disperata ma non posso cedere... devo combattere per i miei figli…loro devono crescere felici e lontani dalle mie lacrime... la nostra meravigliosa famiglia sembra svanita nel nulla...".


Poi, la decisione di portare lo zio in una RSA "...Lo guardo negli occhi e mi viene da piangere... mi sento una fallita e una vigliacca... lui mi guarda con gli occhi dolci... io gli dico: ti voglio bene...".


Le sere, quando si fa il bilancio della giornata, diventano sempre più difficili "...Mi siedo accanto a lei... sento il bisogno di starle vicina... mi sembra di essere tornata bambina... quando mi sentivo semplicemente felice. Quanto mi mancano quei momenti...". Mentre mamma si lamenta "...Sono stufa che continui a chiamarmi mamma! Io non sono tua mamma! Le parlo quasi piangendo... sono tua figlia... ma lei continua a gridare, allontanandomi... non ricordo più chi è mia madre... la malattia ha cancellato i ricordi di tutte e due, non solo i suoi...".


Finalmente arriva l’estate; le vacanze nella piccola casa in Val di Susa "...Quanta pace in quel luogo, quanta bellezza e quanta tranquillità. I problemi, le paure sembrano così lontani... guardo mamma... e rivedo uno sguardo dolce e sereno...".


Al ritorno in città però la mamma non riconosce la casa, e insiste nel voler salire al piano di sopra, dove abitava con il marito. "...Vuoi andare su? Va bene, alzati dalla sedia a rotelle e vai... non ce la fa, ma insiste... guarda quelle scale con lo sguardo di chi nella vita non si è mai arreso...". Più Tardi "...Non riesco a guardare le stelle stasera. Sono troppo lontane, non brillano più per me, sono tristi come sono triste io...".


Infine la polmonite e il peggioramento. "...Ormai sono vecchia, non ho più voglia di andare avanti... ma io ho bisogno di te, mami... come faccio se tu te ne vai? mi guarda: una mamma non lascia mai la sua bambina, nemmeno quando muore. Io sarò sempre vicino a te, anche quando non ci sarò più... so che è malata, che non sa più dove si trova, ma non sono ancora pronta a dirle addio...".


L’assistenza a casa; le ultime cure, fino a quando la mamma "...Apre gli occhi, mi guarda, mi riconosce, mi sorride... e vola via. La guardo tra le lacrime. Ora ricordo com'era mia madre. L’Alzheimer non ha vinto...".

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