Noi non abbiamo colpa
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Marta Zura Puntaroni
2020
È un romanzo in cui l’autrice (Marta), una ragazza di trent’anni, racconta come lei, sua madre (Antea) e la nonna (Carlantonia, malata di Alzheimer), sono costrette a riprogrammare le loro vite per far fronte a questa malattia. Gli avvenimenti sono ambientati in un piccolo paese delle Marche, dove Marta è nata e dove vive ancora la sua famiglia. In effetti deve aiutare sua madre a gestire una malattia che "...Giorno dopo giorno lavora a togliere umanità, a farti dimenticare chi eri prima...". La protagonista torna così nei luoghi della sua infanzia dove sono vissuti i genitori i nonni e i bisnonni per "...Riappropriarsi del passato che la nonna non ha più e della speranza di un futuro... carico tutto in macchina... non prevedo di rincasare se non in autunno. Il lavoro mi permette di non rendere conto dei miei orari... ma sembrerebbe strano per una persona di 30 anni trapiantata in città... scegliere di rinchiudersi per tutta l’estate nel paesello dove è nata... perché dovrei farlo... perché mia nonna sta male...". Al suo arrivo scopre comunque che il paese sembra confortevole; tutto è essenziale, tutto si ripete, tutto resta uguale: un'unica piazza, i bar, i ristoranti che passano da padre in figlio. La grande casa della nonna "...Un tempo le case si facevano bene e ancora reggono...". L’enorme letto di ferro battuto che riparava anche dai terremoti. I messaggi delle amiche (Sonia, Caterina, Linda, Anita) che la conoscono, l’accettano, sanno tutto di lei dall’infanzia. I dubbi della madre "...Non voglio che resti qui per me... ma io ho deciso di restare prima di partire... non è male stare dove non si è forestieri...".
Carlantonia lavora da quando era bambina (13 anni). Il padre le aveva affidato la gestione del piccolo spaccio di famiglia, mentre lui cercava le cose da vendere. In quei tempi di guerra si era tornati al baratto e quel negozio era diventato il centro dell’economia del paese. Verdura, uova, grano, riso, legumi. Tutti scambiavano qualcosa per qualcos’altro e Carlantonia teneva a mente i conti e "...Sommava e sottraeva, divideva e moltiplicava più velocemente del maestro...". Era diventata la terza persona più importante della comunità dopo il gestore del Monte di Pietà, e lo strozzino. In effetti nella famiglia Zura le donne erano trattate come gli uomini "...Adorava prendersi addosso tutto il peso delle cose... e poi lamentarsi perché doveva fare tutto. Se le cose non le sai fare, non le sai neanche comandare... diceva, e su questo aveva ragione...". Antea gestisce due studi dentistici; non ha un momento di tregua e con una persona come Carlantonia le badanti "...Sfumano una nell'altra...". con i loro nomi, le loro storie, i loro problemi, le nazionalità, e dopo il terremoto sono praticamente sparite, mentre "...Nonna è una prigioniera che non si abbatte, che protesta e grida, che non si rassegna a morire... dai Antea, qualcuno che la sopporta si trova. Quando si è vecchi e malati è normale incattivirsi un po’, pensare di più a sé stessi...". Ma Carlantonia in effetti non è mai stata una persona conciliante, gradevole "...Cattiva, tua nonna è cattiva... inizio a voler tornare a casa... poi penso di prendere la situazione in mano poco alla volta... penso a me e mi illudo di essere una che sopravvive sempre, una che si abitua a tutto in caso di bisogno...".
Antea prova a mettere la mamma in una Casa di riposo, ma poi rinuncia. "...Chiedo a mia nonna: Mi riconosci? No è la risposta. Perché ci resto così male? È sempre stata sbrigativa... la memoria così inconsistente, corruttibile...". Intanto Marta fa ricerche sull’Alzheimer "...Le notizie non sono mai dirette, ma sempre caute... penso che io potrei essere al posto di mia madre e mia madre al posto di mia nonna... Mi sento sfinita e senza scopo... quale futuro auguro a me, ai miei? Il rimpianto per una scomparsa prematura o vedere tutto il peggio, sino a scordarsi dei momenti buoni?...".
A volte Marta ricorda di quando era piccola. È stata cresciuta dalla nonna che la abbracciava ogni volta che tornava dalla scuola e pensava a tutto "...Sapeva di giacinto, di mughetto... e di nonna. Mi lasciavo coccolare... ci dovrà essere una ragione da qualche parte, un avvenimento per cui smettiamo di essere quello che eravamo...".
La malattia di nonna ci corrode ormai da mesi e mi ha portato a sospendere quasi del tutto la mia vita. Poi la notizia: Antea ha un nodulo al seno "...Io ti chiedo, Signore, non hai sopravvalutato la forza di mia madre, la mia? Sei sicuro che possiamo sopportare tutto questo?... ho voglia di fuggire... mi trovo a disagio di fronte a mia madre in difficoltà...".
"...Credevo di poter accettare in futuro il lento dissolversi di mia madre, ma questo non era previsto...". Le visite, i pareri. "...Non voglio piangere, eppure piango. Provo una disperazione che mi ero sempre rifiutata di immaginare: la morte di mia madre...". L’operazione. Mamma ce la fa. Non muore "...Dovrò abituarmi a tornare più spesso. La tentazione è non andarmene più...". Poi il progetto per una settimana di vacanza, mentre la nonna è accudita da Angela. Il senso di colpa di Antea è stato eliminato dalla paura per la sua stessa vita "...Si, una settimana possiamo prendercela...".