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Lettere alla moglie di Hagenbach

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Lettere alla moglie di Hagenbach

Giuseppe Aloe

2020

Protagonista di questo romanzo è un famoso criminologo, Flesherman. Ricordo il giorno in cui mia moglie mi trascinò dal dottore "...Il suo è uno dei nomi più brillanti della criminologia... la diagnosi è ...demenza senile, che di solito è Alzheimer... la malattia dei vecchi... la testa che non regge più, i ragionamenti che svaniscono... dopo un anno continuo a perdere parti di me... sono un uomo di 69 anni affacciato sul limite del niente...".


Flesherman è sposato da 30 anni e la moglie insegna all’università. Decidono di non divulgare la notizia della malattia, anche se "...Ad ogni perizia sentivo che la mia testa si allontanava... perdeva lucidità...". Un giorno arriva la telefonata del dott. Bausch, capo dell’Istituto di Medicina Legale a Berlino, dove Flesherman ha lavorato per anni. Gli comunica che è stato trovato un cadavere sepolto da circa 90 anni, che probabilmente è quello di Rosa Luxenburg, fondatrice del Partito Comunista Tedesco, uccisa nel 1919. Mani, testa e piedi erano stati tagliati per impedire il riconoscimento "...Convinsi mia moglie che dovevo andare... studio il periodo... un’epoca tenebrosa... senza futuro...". All’università Bausch riceve Flesherman per illustrargli il caso. Poi lo invita a casa e gli confessa che ha un altro problema da risolvere, la scomparsa dello scrittore Hagenbach, suo caro amico, la cui moglie, malata di Alzheimer, è ormai alla fine. Lo scrittore le invia da anni tante lettere e Bausch chiede a Flesherman se è disposto a leggerle "...Ti sto parlando come un amico...". Arrivato in albergo il criminologo inizia a sfogliarle "...Cara Dora, ti mando un saluto tramite il postino, che passa da quelle parti almeno per una settimana... ma tu perché non scrivi? Ce ne sarebbero di cose da dire fra noi... questa mattina ho parlato con il medico e mi ha detto che ti stai riprendendo... ho cenato, contento della minestra e della birra... sulla veranda ho riflettuto sulla nostra situazione. È giusto legare in tal modo la propria vita a quelle di un’altra persona?... Non conosco la risposta... Cara Dora, questa mattina il medico mi ha comunicato che la tua salute versa in condizioni estreme... ho la barba di due giorni e i capelli in disordine... ho trascorso l’intera nottata su una brandina in corridoio... a scaglioni di tempo arrivano uomini e donne in fin di vita, bambini, vecchi senza respiro... cara Dora, insieme alle scarpe ti mando una fotografia... Il medico mi ha rimandato il pacco, affermando che le tue condizioni sono talmente compromesse da impedirti di prendere coscienza del contenuto... abbiamo poche speranze... ieri ho trascorso tutto il giorno in corsia... riflettendoci mi è sembrato immorale guardare il dolore altrui... cara Dora, ieri sono venuto, ma i medici mi hanno impedito di avvicinarmi a te... dormivi un sonno tranquillo, prodotto da abbondanti dosi di farmaci... i medici, abituati alla morte, non ne intuiscono più la parte oscura. Per loro è un puro accadimento. Ma forse è giusto così... ora da casa sono in attesa di una telefonata del medico curante. Ma ormai sono le undici...".


Leggendo Flesherman capisce "...Che quell'uomo era riuscito a condensare lo strazio, la lacerazione della mancanza... come se io fossi il destinatario di quei pensieri, di quelle immagini semplici e atroci... anch'io mi stavo incamminando in quel viale che perdeva luce... che non ha altra scelta se non camminare fino alla scomparsa... erano 32 lettere placide e disperate…Tutte quelle parole avevano occupato i miei pensieri... mi dicevo che erano state scritte per me... anch'io avrei percorso le stesse curve di Dora...".


Flesherman non parla delle lettere alla moglie, ma capisce che il caso Luxemburg non lo interessa più. Era stato il desiderio di uscire di casa a farlo andare a Berlino "...Ero ancora un uomo in gamba. Almeno così mi piaceva pensarmi...". Ora invece decide di ritrovare quello scrittore che lo aveva coinvolto con le sue considerazioni "...Io di li a poco avrei perso tutto... ogni ricordo, ogni parola... ero come un pesce che guarda il mondo da sotto il pelo dell’acqua...". Così il criminologo va a trovare Dora in ospedale "...Stiamo aspettando la fine...". Dicono i medici "...Era come un passero che sta affrontando l’ultimo respiro...". Poi vuole vedere la casa di Hagenbach; parla con la domestica e telefona a Bausch per comunicargli che preferisce partire da Berlino, in quanto il caso Luxenburg è ormai risolto. Decide però di dedicare i due giorni che gli rimangono alla ricerca dello scrittore. Si reca nei posti delle foto, prende un treno per Lubecca dove i passeggeri gli ricordano persone e situazioni "...Quei ricordi mi avevano portato tanto indietro nel tempo da confondere contesti e persone... è un periodo difficile dico al mio vicino... io non ci bado e lascio che le cose si facciano da sole...". Poi l’arrivo in una piccola località di mare, con il traghetto, i pescatori, probabilmente dove Haghenbach e la moglie andavano in vacanza. L’incontro con una ragazza, che lo fa sentire ancora forte e che decide di aiutarlo nelle ricerche. Intanto Flesherman compra l’ultimo libro di Hagenbach, che racconta di Alzheimer. I ricordi si alternano alla realtà e sogna suo padre, bello, elegante, che è morto mentre aspettava il caffè "...Eppure è così che si muore... in un lampo... il salto di un fossato... prima sei da un lato e poi dall'altro... il fatto è che nessuno è pronto alla morte...".

Poi Flesherman si risveglia in un ospedale accanto alla moglie "...Mi avevano trovato, alle dieci di sera, su una panchina di fronte al molo... sembravo morto... mia moglie era arrivata la mattina dopo...". Il primario conferma che la situazione è peggiorata, perché quella che doveva essere una lenta discesa della malattia si è trasformata in una corsa senza ostacoli. Le immagini dei genitori si alternano a quelli del figlio, poi improvvisamente Hagenbach compare vicino a Flesherman e racconta che dopo aver visto il suo nome sui giornali era andato alla polizia per comunicare che sarebbe scomparso di nuovo nei luoghi dove era stato felice. Prima di andarsene sussurra "...Lei mi ha fatto tornare tra i vivi... il suo è stato un vero atto di amore... ma ora torno alla mia solitudine...".


Flesherman arriva finalmente a casa, dove niente è cambiato "...Nel perimetro delle mie inquietudini dove non stavo male... ero arrivato in un punto pacifico dove non temevo niente...". I giornali intanto riportano la conclusione del caso Rosa Luxenburg e del contributo importante che il prof Bausch attribuisce a Flesherman, che si fa promettere dalla moglie che gli leggerà le lettere che scriverà a se stesso "...Alle volte mi sembra di essere in mezzo al niente... è sera... ascolto il canto del cuculo... guardo le nuvole che avanzano... verso dove?... vivo la malattia come una vergogna... ricordo le parole di Kafka... gli parve che la vergogna gli dovesse sopravvivere...". Intanto a casa di Flesherman arrivano cartoline con paesaggi nordici, senza mittente. I suoi ricordi diventano più frequenti: la madre, il padre, il fratello, la casa al mare, la giovinezza. Spesso torna la quotidianità, il caffè al bar, guardare la gente che si affanna "...Quando ero ragazzo andavo a dormire senza pensieri... come una rondine che dorme mentre vola sull’oceano... la sveglia della fabbrica alle 7, mia madre con il caffè... i vestiti sulla sedia... ora mi sento alla fine di un mandato... voglio andare al mare della tranquillità... con la posta è arrivata un'altra cartolina anonima da Helsingor, la città di Amleto. Forse è di Haghenbach... vado sul balcone... guardo le montagne... metto la cartolina in un libro, chiudo gli occhi e mi sembra di volare via...".


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