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A spasso con Daisy

A spasso con Daisy

Anno di uscita 1989

Atlanta in Georgia, 1948, uno stato che più di altri risentiva della segregazione razziale in vigore negli Stati Uniti. Qui si svolge la commedia di genere drammatico "A spasso con Daisy", titolo originale Driving Miss Daisy.

Il film è tratto dalla pièce omonima, che aveva riscosso un grande successo di pubblico e critica nei teatri americani. A sua volta l’opera teatrale è la riscrittura (quasi) fedele del vero rapporto tra la nonna dell’autore (Alfred Uhry) e il suo autista.

Miss Daisy Werthan (una magistrale, allora ottantenne, Jessica Tandy che per l’interpretazione ricevette l’Oscar - la più anziana attrice a vincerlo) è una signora ebrea di settantadue anni, ex maestra elementare e vedova di un ricco produttore di tessuti.

Il ruolo fu fortemente voluto, senza ottenerlo, anche da Katharine Hepburn, Bette Davis e Angela Lansbury (La signora in giallo), quest’ultima lo interpretò in teatro.

Miss Daisy è una donna burbera e indipendente che vive con la domestica nella sua bella casa.

A seguito di un incidente automobilistico (invade il giardino del vicino, distruggendo la sua auto, senza però riportare ferite se non quelle al proprio orgoglio), il figlio Boolie (interpretato da Dan Aykroyd che ricevette la nomination agli Oscar) assume un anziano autista di colore Hoke contro il volere della madre, colpevole secondo lui di aver fatto una manovra errata, fatto contestato da Miss Daisy "...Io so qual è la verità..." (sull’incidente). Uno stellare Morgan Freeman (anche lui ricevette la nomination agli Oscar), che aveva già interpretato la parte in teatro, dà vita all’autista in possesso di referenze impeccabili ma anche con l’esperienza di conduttore di camioncini per la consegna del latte, analfabeta e in pensione. Il figlio lo avvisa che dovrà sopportare le bizzarrie e le particolarità caratteriali della spigolosa e pignola vecchia madre, senza poter reagire, descrivendola con "...È un po' nervosetta...".


Per nulla contenta di questa assunzione, Miss Daisy ignora per una settimana la presenza dello chauffeur, "...Non ho bisogno di te...", relegandolo in cucina, con la proibizione di interferire con le attività della domestica e con l’avvertenza di non assumere alcuna iniziativa autonoma.

La scusa è che non vuol far vedere che è ricca e può permettersi l’autista; la vera motivazione è la non accettazione della perdita della propria autonomia.

L’uomo passa il tempo al tavolo della cucina leggendo il quotidiano, o più precisamente guardando le figure, essendo analfabeta.

Piano piano, alternando astuzia e dolcezza, Hoke riesce a vincere le resistenze della padrona, "...Io credo che una bella e ricca signora ebrea non dovrebbe salire sul tram carica di borse della spesa...".

Non è improprio definirla padrona, essendo all’epoca il tessuto sociale fortemente polarizzato su posizioni di potere da una parte e povertà dall’altra; il bianco e ricco contro l’afro-americano che sbarca il lunario con lavori umili e sempre sotto ricatto da parte del datore di lavoro/padrone. Il tema del razzismo fa da sottofondo a tutto il film, non solo per una corretta rappresentazione dell’epoca ma anche come critica sociale fatta portare avanti dall’autista, con quel suo comportamento accomodante verso lo status quo, che sottende

una critica sorniona e velata al sistema. Inoltre, il concetto di distinzione di classe viene a più riprese riproposto dallo stesso chauffer che ripetutamente ricorda che lui preferisce lavorare per gli ebrei come ha sempre fatto, ponendo, per certi versi, le due razze sullo stesso piano rispetto agli americani, nonostante l’evidente differenza di censo.


Con il passare degli anni Miss Daisy si addolcisce e diventa più amichevole con l'autista, anche se ogni tanto si concede qualche bizzarria delle sue, che l’uomo evidenzia con lusinghe, facendole passare come uno dei punti di forza della personalità della donna. Con la morte improvvisa della domestica, la vedova e il suo autista attenuano le differenze caratteriali e relazionali, diventando quest’ultimo con il tempo, oltre che autista anche giardiniere, cuoco e cameriere. Fra i due nascerà un rapporto quasi paritario e di complicità, al punto che l’ex maestra deciderà di insegnargli a leggere e a scrivere.

Miss Daisy, novantenne ma ancora in salute, partecipa a un dibattito dopo un discorso Martin Luther King in occasione di una cena sociale a cui è presente tutta l'alta società di Atlanta. Questo evento, non si comprende nella sceneggiatura (probabilmente è una mancanza di chiarezza voluta), fa sì che i legami tra i due protagonisti si rinsaldino ancor di più; la donna comprende che l’uomo in generale, e Hoke in particolare, debba essere giudicato per com’è e non per l’appartenenza a una razza o censo.

Nel 1973, ormai quasi centenaria, Miss Daisy si ammala di demenza, entrando improvvisamente in uno stato confusionale e convincendosi di essere ancora a scuola a insegnare ai bambini. Il finale del film vale come compendio e lieto fine; Miss Daisy è ospite di una casa per anziani dove riceve saltuariamente la visita del figlio e di Hoke anche lui sensibilmente invecchiato (circa novant’anni), ma rimasto il suo unico vero amico per oltre venticinque anni.

I dialoghi finali, che da soli valgono la visione del film, sono strepitosi e presi totalmente (a parte qualche sinonimo o piccolissime aggiunte) dal testo teatrale (il cui autore è anche lo sceneggiatore della pellicola).

Daisy "...commentando l’impegno della nuora a favore del partito repubblicano..." Santo Dio! (qui c’è un evidente disappunto fortemente venato di ironia) …

Daisy (rivolto al figlio) "...Hoke è venuto a trovare me, non te. Vai a fare la corte alle infermiere...". Boolie "...Ti vuole tutto per sé, Hoke...".

(Miss Daisy non vede l’ora di restare con Hoke, classificando così la visita del figlio a puro dovere filiale) Daisy "...Ti paga ancora?...". Hoke "...Tutte le settimane!..." Daisy "...E quanto?..." Daisy "...È assai peggio di una rapina!...". (dimostrazione di non essere completamente fuori dal mondo) Daisy "...E tu come stai?..." (palese dimostrazione di affetto).


Nel mentre che i due dialogano, Hoke imbocca con tenerezza Daisy, che gradendo il dolce gli sorride.

Il film, in sostanza, tratta principalmente tre temi: il razzismo, l’amicizia e la demenza.

Essendo la storia vera avvenuta negli anni in cui il razzismo era uno dei capisaldi della società statunitense, l’argomento non poteva non rappresentare l’ossatura principale della commedia. Farne da scheletro e da sfondo. Ma il rapporto che piano piano si instaura tra Miss Daisy e Hoke con il passare degli anni fa quasi dimenticare questo scenario, trasformandosi in una tenera ma sempre rispettosa amicizia.

La complicità tra i due è evidente nel finale, quando ricevendo Boolie e Hoke nella clinica dove è ospitata, Miss Daisy, con palese lucidità mista a una certa dose di arrendevolezza tipica della demenza, liquida il proprio figlio per restare sola con il vecchio e fedele autista, definendolo, finalmente, "...Mio giovane amico...".


La demenza uccide gesti e ricordi ma, a volte, si declina in manifestazioni inaspettate.

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